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Replying to L’[in]esistenza di Dio
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sghiccio_1184Posted: 23/9/2009, 16:07

a) "Le cose esistenti non sono perfette (nessuno avrebbe il coraggio di sostenere il contrario)(2) ma Dio –per definizione- è assolutamente e totalmente perfetto. Dio è anche il creatore dell‘Universo, o delle cose che han creato l‘Universo (passiamola per buona). Come può un essere assolutamente e totalmente perfetto aver creato cose imperfette? Non è possibile che da un essere totalmente perfetto possa derivare qualcosa di imperfetto: sarebbe un controsenso". (Chad Docterman)
:) "Dio vuole togliere il male da questo mondo, e non lo puo', o lo puo' e non lo vuole; o non lo vuole ne lo puo'; o finalmente lo vuole e lo puo'. Se lo vuole e non lo puo', e' un caso di impotenza, che e' contrario alla natura di Dio; se lo puo' e non lo vuole, e' malvagita', che e' ancor piu' contrario alla sua natura. Se non lo volesse né lo potesse, sarebbe malvagita' e impotenza insieme; e se infine lo vuole e lo puo' (il solo di questi casi che convenga all'idea di Dio), donde ha origine allora il male che e' sulla terra?" (Lattanzio)
c) Parimenti lo stesso autore sostiene che se Dio ricambiasse le colpe con punizioni eterne, non sarebbe giusto: infatti una colpa, per quanto grande, è commessa da uomini limitati e finiti di per sé stessi che quindi non possono peccare in maniera infinita; per quanto grande una colpa è sempre finita (né potrebbe durare per sempre) e punirla per sempre sarebbe fare una sproporzione e quindi un‘ingiustizia. (Chad Docterman)
d) “Se Dio esiste, per il fatto steso di essere onnisciente, renderebbe impossibile il Divenire” (Emanuele Severino)
Confutazione delle prove dell’esistenza di Dio:
1) prova cosmologica:
"chi ha creato l‘Universo, ovvero l‘insieme di tutte le cose che esistono? Sicuramente un essere superiore preesistente al Tutto."
Ora, a parte che non si capisce per quale motivo l‘Universo debba venir per forza creato dal nulla anziché esistere in eterno, se Dio esiste, per forza fa parte del Tutto (cioè dell‘insieme di ogni cosa esistente), e quindi non è una causa esterna ad aver creato il Tutto stesso ma una causa interna al Tutto. Dacché si consegue che qualcosa del Tutto è sempre esistita (se no non avrebbe potuto creare il resto) e quindi il Tutto, almeno in una sua componente, è eterno.
In più va detto che non è possibile creare qualcosa dal niente, perché ció che esiste, esiste, ciò che non esiste non esiste e nessuna cosa non è (il niente, essendo niente, non esiste), quindi qualcosa del creaturo (o meglio, del creato) è sempre esistito. Da ciò se ne consegue che Dio non ha creato (non può aver creato) nulla dal nulla e che non è necessario affermare la sua esistenza per motivare di rimando l‘esistenza del Tutto; in più si dirà anche che tutt‘al più Dio potrà aver trasformato la materia universale già esistente, ma non è necessario né dimostrabile che egli debba per forza esistere per aver compiuto questa evoluzione, essendosi la materia universale eterna potuta benissimo evolvere da sola.
2) prova teleologica:
"in ogni cosa della natura troviamo non solo ordine e regolarità tali da presupporre una mente creatrice che le abbia create, ma addirittura formano un sistema convergente verso un‘unità suprema, come ad un fine ultimo. Ogni creatura tende, e per forza tende a qualcosa di diverso da sé stessa – se no non cambierebbe o muterebbe o si trasformerebbe: in ultima analisi tende a Dio, e Dio stesso tende a sé stesso".
A questa teoria si può obiettare che non è assolutamente provato e certo che in ogni cosa ci sia ordine, regolarità o convergenza verso qualcosa; anzi ci sembra questa tendenza un presupposto architettato da filosofi e teologi per i motivi di cui sopra.
"Ma Dio per definizione tende a sé stesso (è insomma un 'motore immobile')".
A me non sembra affatto ragionevole che un motore possa tendere verso sé stesso; perché proprio lui deve tendere verso sé stesso per definizione e non qualcos‘altro, dacchè entrambi sarebbero scelti per arbitrio? Se gli stessi filosofi e teologi hanno dimostrato che tutte le cose (compreso dio) tendono(1) e se una cosa tende deve per forza tendere verso ciò che non è, non si capisce come mai Dio debba essere l‘unico che tende verso sé stesso e non verso altre cose. Non ha senso dire che Dio possa mutare per non mutare, è un nonsenso.
3) prova morale:
architettata dal filosofo tedesco Emanuele Kant per sostituirsi a tutte le altre prove, afferma che se esiste una legge morale in noi deve per forza esistere un Dio al di fuori di noi che la giustifichi. Tuttavia questa non è una prova inconfutabile, giacchè presuppone l‘esistenza di una legge morale; anche ammettendo che detta legge morale esista veramente, Dio per definizione deve essere giustificato direttamente e non per mezzo di altre dimostrazioni o la sua esistenza sarà dipendente da qualcos‘altro, il che è assurdo.
4) prova ontologica:
"noi pensiamo un essere perfetto, che abbia ogni potere ed ogni perfezione; ma questo essere deve per forza esistere, perché se no non sarebbe perfetto, non avendo la perfezione di esistere".
E che? Forse è il nostro solo pensiero in grado di generare dèi? Forse che cento talleri reali non contengono più note essenziali di cento talleri pensati - come diceva Kant? Quest‘affermazione parte dall‘ambito della possibilità per tentare di affermare il sicuro, presupponendo che nel concetto di una cosa sia contenuta l‘esistenza come nota essenziale: forse che tutte le cose che pensiamo in nuce esistono nella realtà? Non sarebbe più facile ribaltare l‘affermazione ontologica dicendo: "siccome una creatura perfetta esiste solo nei nostri pensieri, allora non può esistere"?.
Confutazioni delle Prove di Dio proposte dal filosofo Bertrand Russell:
“Se tentassi di trattare la questione dell'esistenza di Dio in maniera adeguata, vista la vastità e la serietà dell'argomento, dovrei tenervi qui fino alla fine dei tempi, quindi dovrete scusarmi se la affronterò in maniera un po' sommaria.
Saprete senz'altro che la Chiesa cattolica ha dichiarato che l'esistenza di Dio può essere provata con la semplice ragione. Questo è un dogma assai curioso, ma è uno dei loro dogmi. Dovette essere introdotto perché per qualche tempo i liberi pensatori avevano preso il vizio di dire che, per vari motivi, la ragione si sarebbe potuta scontrare con l'esistenza di Dio ma che, comunque sia, essi consideravano la fede in Dio un dato di fatto. Le tesi e le antitesi furono discusse molto a lungo, e la Chiesa cattolica sentì che doveva porre termine alla cosa. Quindi dichiarò ufficialmente che l'esistenza di Dio avrebbe potuto essere provata con la semplice ragione, e di conseguenza dovette anche stabilire quelli che essi consideravano gli argomenti capaci di dimostrarlo. Ovviamente, ve ne sono molti; io ne esporrò solo alcuni.
L'ARGOMENTO DELLA CAUSA PRIMA
Forse l'argomento più semplice e più facile da capire è quello della Causa Prima con la quale si sostiene che qualsiasi cosa noi vediamo in questo mondo ha una causa, e che, ripercorrendo a ritroso ogni anello della catena delle cause, si giunge alla Causa Prima, e che tale Causa Prima prende il nome di Dio. Non credo che oggigiorno questo argomento abbia ancora molto peso, soprattutto perché la causa non è più la stessa. I filosofi e gli scienziati sono andati oltre la questione della Causa Prima, pertanto tale argomento non ha più la stessa forza che aveva in passato; ma, a parte questo, potete comprendere voi stessi perché la tesi secondo la quale ci deve essere una Causa Prima non può essere valida. Devo ammettere che quando ero giovane, mi ponevo molto seriamente questo problema e io stesso ho sostenuto per molto tempo l'argomento della Causa Prima, finché un giorno, all'età di diciotto anni, ho letto l'autobiografia di John Stuart Mill, e lì ho trovato questa affermazione: «Mio padre mi ha insegnato che la domanda: Chi mi ha creato? non ha risposta, dato che immediatamente dopo ci si deve chiedere: Chi ha creato Dio?». Quella semplicissima affermazione mi dimostrò quella che tuttora considero la fallacia della tesi della Causa Prima. Se tutto deve possedere una causa, allora anche Dio deve averla. Se non può esistere nulla che non abbia una causa, la stessa cosa può essere tanto valida per il mondo quanto per Dio, pertanto tale argomento non può essere valido. Lo stesso vale per la visione che gli indiani hanno del mondo, per cui quest'ultimo poggia su di un elefante, e l'elefante, a sua volta, poggia su di una tartaruga; e quando chiedete: «Che ne è della tartaruga?», gli indiani rispondono: «Perché non cambiamo argomento?». Non esiste alcuna ragione per cui il mondo non possa essere nato senza una causa; d'altra parte, non esiste nemmeno un'altra ragione che faccia supporre che vi sia stato un vero e proprio inizio. L'idea che debba sempre esistere un inizio è semplicemente dovuta alla povertà della nostra immaginazione. Quindi non è necessario perdere altro tempo sulla teoria della Causa Prima.
L’ARGOMENTO DELLA CAUSA NATURALE
Un altro argomento molto noto è quello della legge di natura. Questo era uno degli argomenti preferiti per tutto il XVIII secolo, soprattutto sotto l'influenza di Newton e della sua cosmogonia. La gente osservava i pianeti ruotare attorno al sole secondo le leggi della gravitazione universale, e pensava che Dio avesse dato ordine a questi pianeti di muoversi proprio in quel modo, e che questa fosse la ragione per cui essi si comportavano così. Naturalmente ciò costituiva una spiegazione molto comoda e semplice, che evitava a tutti il fastidio di dover ricercare altre spiegazioni alla legge di gravitazione. Oggigiorno, la legge di gravitazione viene descritta mediante un metodo assai complesso introdotto da Einstein. Non è mia intenzione tenere una lezione sulla legge di gravitazione così come la interpreta Einstein, perché anch'essa richiederebbe del tempo; ad ogni modo, la legge naturale, così com'era concepita all'interno del sistema newtoniano, dove, per qualche incomprensibile motivo, la natura agiva in modo uniforme, non esiste più. Adesso scopriamo che una gran quantità di cose che venivano imputate alla legge di natura non sono altro che convenzioni umane. Tutti sappiamo che, anche nelle più remote profondità dello spazio stellare, resta valida la proporzione di tre piedi per ogni iarda. Questo è senza dubbio un fatto notevole, ma è difficile definirlo una legge di natura. E la stessa cosa vale per molte convenzioni che sono state considerate tali. Al contrario, una volta che si abbia la benché minima conoscenza di cosa facciano effettivamente gli atomi, si scopre che essi sono molto meno soggetti alla legge di quanto gli uomini pensino, e che le leggi alle quali si giunge sono soltanto medie statistiche che derivano dal puro caso. Come tutti sappiamo, vi è una legge secondo la quale, lanciando i dadi, si può ottenere una coppia di sei solo circa una volta su trentasei, tuttavia non si considera questo fatto una prova che la caduta del dado sia regolata da uno schema; invece dovremmo farlo, se ottenessimo la doppia coppia di sei ogni volta che lanciamo i dadi. Tuttavia, sono molte le leggi di natura di questo tipo. Sono medie statistiche di ciò che emerge dalle leggi del caso, e tutto ciò fa sì che tutta questa faccenda delle leggi di natura appaia molto meno affascinante di quanto non fosse in passato. A parte questo, che rappresenta il traguardo attualmente raggiunto dalla scienza, e che potrebbe cambiare domani, l'idea che il complesso delle leggi di natura implichi necessariamente la presenza di un legislatore è dovuta a una confusione fra quelle che sono leggi umane e quelle proprie della natura. Quelle umane sono leggi che ci ordinano di comportarci in un certo modo, e a esse si può scegliere o meno di obbedire; ma le leggi di natura illustrano il modo in cui le cose effettivamente si comportano, e, essendo una mera descrizione delle loro azioni, non si può supporre che debba per forza esserci qualcuno che ha ordinato di compierle, perché, anche supponendo che ci sia, non potrà non porsi la domanda: «Perché Dio ha stabilito queste leggi e non altre?». Se si risponde che lo ha fatto semplicemente per il piacere di farlo, e per nessun altro motivo, allora si scopre che ci sono cose che non sono soggette alla legge, cosicché la catena della legge naturale si interrompe. Se, invece, come fanno la maggior parte dei teologi ortodossi, si afferma che ogni legge stabilita da Dio ha avuto un motivo ben preciso (il motivo, chiaramente, è quello di creare il miglior universo possibile, anche se non ci verrebbe mai in mente che fosse così), e se davvero è esistito un motivo per cui Dio ha stabilito le leggi che ha stabilito, allora Dio stesso è soggetto a una legge, e non si trae alcun vantaggio nell'introdurre Dio quale intermediario. In realtà si hanno delle vere e proprie leggi esterne e antecedenti Dio stesso, e Dio non serve allo scopo, perché non è più il legislatore assoluto. In breve, l'argomento della legge di natura non ha più la stessa forza che aveva in passato.
Continuo come previsto con l'illustrazione dei vari argomenti. Gli argomenti utilizzati per provare l'esistenza di Dio sono mutati con l'andare del tempo. All’inizio si trattava di argomenti prettamente razionali, che avevano al proprio interno dei difetti abbastanza precisi. Avvicinandosi ai tempi nostri, tali argomenti sono divenuti sempre meno corretti dal punto di vista speculativo, e sempre più inquinati da un vago moralismo.
L’ARGOMENTO DEL FINE DIVINO
Il prossimo passo di questo percorso è quello che ci porta a trattare l'argomento del fine divino. Conoscete tutti questo argomento: tutto nel mondo è stato creato in modo tale da consentire a noi di viverci, e noi non potremmo farlo se il mondo fosse appena appena diverso. Questo, in sintesi, è l'argomento del fine divino. Talvolta questo argomento si presenta nei modi più curiosi; per esempio, quando si afferma che i conigli hanno la coda corta affinché sia facile sparargli (mi chiedo cosa ne pensino i conigli). Quella del fine divino è una teoria facilmente soggetta alla parodia. E nota a tutti, infatti, la battuta di Voltaire che diceva che era ovvio che il naso fosse stato creato con quella forma perché fungesse da sostegno agli occhiali. Questo tipo di paradosso non è più tanto importante quanto lo era nel XVII secolo, poiché, dall'avvento di Darwin in poi, comprendiamo molto meglio perché gli esseri viventi si sono adattati al loro ambiente. L'ambiente non è stato creato in funzione degli esseri viventi: sono gli esseri viventi che si sono progressivamente adattati ad esso. Tale affermazione è alla base della teoria dell'adattamento. Non vi è alcuna prova che esista un fine divino.
Esaminando attentamente questa teoria dal punto di vista del fine divino, la cosa che lascia più sorpresi è che si arrivi a credere che questo mondo, con tutto ciò che in esso è contenuto, con tutti i suoi difetti, sarebbe il migliore che l'onniscienza e l'onnipotenza divina sia stata capace di creare in milioni di anni. Io non riesco proprio a crederci. Pensate proprio che, se vi fossero concessi l'onniscienza, l'onnipotenza e milioni di anni di tempo al fine di perfezionare il mondo, non potreste produrre niente di meglio del Ku Klux Klan, dei Fascisti, e di Winston Churchill. In realtà non mi faccio molto impressionare da chi dice: «Guardatemi, sono una creatura talmente splendida che ci deve essere stato per forza un fine nell'universo». Non essendo molto convinto dello splendore di chi lo afferma, penso che questa sia una tesi molto debole. Inoltre, se si accettano le leggi più elementari della scienza, si deve presumere che sul nostro pianeta la vita umana e la vita in generale prima o poi finirà: è solo un fuoco di paglia; è solo uno stadio nel processo di decadenza del sistema solare; infatti, a un certo stadio di declino si sono verificate tutte quelle condizioni relative alla temperatura ed altre cose del genere necessarie alla formazione del protoplasma, cosicché la vita di cui parliamo durerà solo per un breve periodo della vita dell'intero sistema solare. Guardando la luna si può vedere ciò a cui tende la terra: qualcosa di morto, freddo e senza vita.
Mi si rimprovera che questo tipo di visione delle cose è deprimente e qualcuno vi dirà che, se ci credesse, non potrebbe più continuare a vivere. Non credetegli, sono tutte sciocchezze. A nessuno importa veramente di quello che accadrà da qui a milioni di anni, e anche chi pensasse di preoccuparsene davvero, in realtà ingannerebbe se stesso. L'uomo si preoccupa di cose molto più mondane, oppure il suo malessere è dovuto alla cattiva digestione; ma nessuno è reso veramente infelice al pensiero di quello che accadrà di qui a milioni e milioni di anni. Pertanto, nonostante sia indubbiamente deprimente presumere che la vita finirà (ammesso che si possa dire deprimente, dato che talvolta, quando osservo ciò che la gente fa della propria vita, arrivo a credere che sia consolante), non lo è abbastanza, comunque, da rendere infelice la nostra esistenza, semplicemente sposta l'attenzione su altre cose.
L'ARGOMENTO MORALE A SOSTEGNO DELL'ESISTENZA DI DIO
A questo punto ci troviamo di fronte allo stadio successivo di quello che definirò declino intellettuale delle teorie dei teistí, e quindi parleremo delle cosiddette tesi morali a sostegno dell'esistenza di Dio. Certamente tutti sapete che in passato esistevano tre argomenti a sostegno dell'esistenza di Dio, i quali erano stati tutti smantellati da Kant nella Critica della ragion pura; ma Kant si sbarazzò dei vecchi argomenti solo per inventarne uno nuovo, un argomento morale, del quale era pienamente convinto. Kant non differiva da molte altre persone: era scettico sul piano razionale, ma su quello morale, credeva fermamente agli stessi principi appresi in braccio alla madre. Questo dimostra ciò che gli psicanalisti mettono in chiara evidenza: l'influenza immensamente maggiore che hanno su di noi le associazioni di idee acquisite nell'infanzia rispetto a quelle dell'età più matura.
Come dicevo prima, Kant ideò una nuova tesi morale per dimostrare l'esistenza di Dio, e quest'ultima, in diverse versioni, fu estremamente popolare durante il XIX secolo. Ebbe tutti i tipi di versioni possibili: una è quella di dire che se non esistesse Dio non esisterebbe il giusto e l'ingiusto. Non mi importa di sapere se vi sia o meno differenza fra il giusto e l'ingiusto: quella è tutta un'altra questione. Ciò che è importante, invece, è che, se si è abbastanza sicuri del fatto che tale differenza vi sia, allora si è obbligati a chiedersi: tale differenza è dovuta a decreto divino oppure no? Se è dovuta al decreto divino, allora neanche per lo stesso Dio esiste differenza fra cosa è giusto e cosa è ingiusto, e inoltre non esiste più alcuna giustificazione plausibile che ci autorizzi ad affermare che Dio è buono. Se siete pronti ad affermare, come fanno i teologi, che Dio è buono, allora dovete anche affermare che il giusto e l'ingiusto sono in qualche modo indipendenti dal volere di Dio perché la volontà divina è buona, e non cattiva, indipendentemente dal fatto che gli appartenga. Se siete pronti ad affermarlo, allora dovrete anche dire che non è soltanto attraverso Dio che sono nati il giusto e l'ingiusto, ma semmai che essi sono, nella loro essenza, logicamente anteriori a Dio stesso. Senza dubbio, volendo, potreste affermare che è esistita una divinità superiore che ha dato istruzioni a Dio, il quale, a sua volta, ha creato questo mondo; oppure potreste anche seguire la linea seguita da alcuni eretici (tesi che io ho spesso ritenuto plausibile) e cioè che il mondo, così come noi lo conosciamo, in realtà è stato creato dal diavolo, mentre Dio era distratto. Ci sarebbero molte cose da dire a sostegno di tale ipotesi, e senz'altro io non mi preoccupo di confutarla.
L'ARGOMENTO DELLA RIPARAZIONE DELL'INGIUSTIZIA
Esiste un altro tipo di argomento morale molto singolare, mediante il quale si afferma che l'esistenza di Dio è necessaria per ristabilire la giustizia nel mondo. Nella parte dell'universo da noi conosciuto c'è molta ingiustizia, spesso i buoni soffrono, mentre i cattivi prosperano, ed è difficile decidere quale delle due cose sia la più fastidiosa; tuttavia affinché vi sia giustizia in tutto l'universo, bisogna presumere che vi sarà una vita futura dove verranno riassestati gli squilibri terreni, ed è per questo che si afferma che devono esserci Dio, il paradiso e l'inferno, perché così, alla fine, sarà fatta giustizia. Questa è una tesi davvero singolare. Se si guarda alla cosa dal punto di vista scientifico, si potrebbe anche dire che: «Dopo tutto, io conosco solo questo mondo. Non so niente riguardo al resto dell'universo, tuttavia per quel che ci è dato di vedere, si può affermare che, probabilmente, questo mondo costituisce un campione abbastanza fedele, e se qui non c'è giustizia, si presume che non ci sia neanche altrove». Supponete di avere una cassa di arance, e, una volta apertala, di scoprire che tutte quelle in cima sono sciupate, chiaramente non direte: «Quelle sotto devono essere per forza sane, per ristabilire l'equilibrio». Semmai, direte: «Probabilmente tutta la partita è cattiva»; e la stessa cosa farebbe una persona che ragionasse in maniera scientifica. Quest'ultima direbbe: «In questo mondo ci troviamo di fronte a una gran quantità di ingiustizia, e, per quel che ci è dato di vedere ce n'è quanto basta per farci supporre che in questo mondo non vige la giustizia; pertanto la presenza di tanta ingiustizia fornisce le basi per formulare una tesi contro la divinità di Dio piuttosto che a suo favore». Ovviamente sono consapevole del fatto che il tipo di dimostrazioni razionali di cui vi ho parlato non sono certamente quelle che spingono l'uomo a credere in Dio. In realtà, ciò che veramente spinge l'uomo a credere non sono certo argomentazioni razionali. La maggior parte delle persone crede in Dio perché gli è stato insegnato a farlo sin dalla prima infanzia, ed è questa la ragione principale.
Poi credo che un'altra potente ragione sia costituita dal desiderio di sicurezza, una sorta di esigenza che vi sia un grande fratello che vegli sopra di noi. E questo gioca un ruolo importantissimo nello spingere la gente a desiderare di credere in Dio.
IL CARATTERE DI CRISTO
Vorrei adesso dire qualcosa riguardo un argomento che spesso ritengo non sia sufficientemente approfondito da parte dei razionalisti, e cioè l'ipotesi che Cristo fosse il migliore e il più saggio di tutti gli uomini. Generalmente si dà per scontato che tutti siano d'accordo che lo fosse. Personalmente non lo sono. Sono convinto che vi siano molti punti sui quali mi trovo assai più d'accordo con Cristo io di molti di coloro che si professano cristiani. Non penso di poterlo sostenere fino in fondo, ma senz'altro posso farlo più della maggior parte di quanti si professano cristiani. Senz'altro ricorderete quando ha detto: «Non contrastare il male, anzi, a chi ti percuote su una guancia, porgi anche l'altra». Non si tratta di un precetto o di un principio originale. Era praticato da Lao-Tse o da Buddha circa 500 o 600 anni prima dell'avvento di Cristo, ma non è certo un principio che i cristiani accettano come un dato di fatto. Per esempio, non ho dubbi che l'attuale primo ministro sia un cristiano sincero, tuttavia non consiglierei a nessuno di andare da lui e di percuoterlo sulla guancia. Credo che chiunque lo facesse potrebbe scoprire a sue spese che questi dà alla massima un senso figurato.
C'è un altro punto che considero degno di rilievo. Vi ricorderete senz'altro di quando Cristo ha detto: «Non giudicate e non sarete giudicati». Non credo potreste vedere rispettato tale principio nelle corti giudiziarie dei paesi cristiani. Nella mia vita ho avuto modo di conoscere moltissimi giudici che erano profondamente cristiani e nessuno di loro riteneva di agire contro i principi cristiani. Cristo dice anche: «Dà a chiunque ti chiede; e a chi chiede del tuo non chiederlo indietro». Questo è un buon principio. Il vostro presidente vi ha ricordato che non siamo qui per parlare di politica, ma non posso fare a meno di rilevare che nelle ultime elezioni si è dibattuto su quanto fosse auspicabile deludere le aspettative di «chi chiede del tuo», cosicché si dovrebbe desumere che in questo paese il partito Liberale e quello Conservatore sono formati da persone che non sono d'accordo con gli insegnamenti di Cristo, visto che in quell'occasione hanno così palesemente deluso le aspettative di chi chiedeva del loro.
C'è poi un'altra massima che ritengo molto importante, ma che penso non sia molto popolare fra alcuni dei nostri amici cristiani. Cristo ha detto: «Se vuoi essere perfetto, va' e vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri». E’ un ottimo principio, ma, come ho detto prima, non è molto praticato. Penso che tutte queste siano delle ottime massime, anche se è molto difficile rispettarle. lo non mi professo come uno che vive nel loro rispetto, ma dopotutto non mi professo nemmeno cristiano.
DIFETTI DEGLI INSEGNAMENTI DI CRISTO
Appurata la saggezza delle massime sopraccitate, prendo ora in esame alcuni punti in cui non credo che si possa dare per scontata la sovrumana saggezza e la sovrumana bontà di Cristo, così come viene descritto nel Vangelo. La questione storica non c'entra affatto; è già di per sé difficile infatti dimostrare che Cristo sia esistito dal punto di vista storico, e se anche fosse possibile farlo, non sapremmo comunque nulla di lui; quindi non farò riferimento alla questione storica, visto che è molto complessa. Mi preme analizzare Cristo, così come viene descritto nel Vangelo, considerando il Vangelo un semplice racconto nel quale si possono trovare delle cose che non sono molto sagge. Prima di tutto il fatto che egli credeva che la sua seconda venuta sulla terra si sarebbe avverata fra nubi di gloria prima della morte di coloro che erano vivi a quel tempo. Ci sono moltissimi passi che lo dimostrano. Per esempio, egli dice: «Non avrete visitato la terra di Israele, prima che sia giunto il Figlio dell'uomo». Poi dice: «Ci sono alcuni fra noi che non conosceranno il sapore della morte, finché il Figlio dell'Uomo non giungerà nel suo regno»; ci sono molti passi da cui risulta chiaro come egli pensasse che la sua seconda venuta si sarebbe verificata mentre alcuni di loro erano ancora in vita. Di questo erano convinti molti dei suoi primi seguaci, e questo era alla base di molti dei suoi insegnamenti. Quando diceva cose come: «Non preoccupatevi del domani», lo diceva soprattutto perché credeva che la sua seconda venuta si sarebbe verificata molto presto e che gli affanni quotidiani non avevano alcun peso. In effetti ho conosciuto molti cristiani che credevano che la seconda venuta di Cristo fosse molto imminente. Conobbi un pastore che terrorizzava i suoi parrocchiani dicendo loro che la seconda venuta era davvero imminente, ma essi si tranquillizzarono quando scoprirono che piantava alberi nel suo giardino. I primi cristiani ci credevano veramente, e quindi si astenevano dal fare cose come piantare alberi nei propri giardini, poiché avevano tratto da Cristo la convinzione che la seconda venuta era imminente. E’ chiaro che sotto questo aspetto non è stato così saggio come lo possono essere stati altri uomini, pertanto non fu sicuramente molto saggio.
LA QUESTIONE MORALE
Eccoci dunque alle questioni morali. A mio parere, un difetto molto grave della moralità di Cristo è il fatto che egli credesse nell'inferno. Personalmente non ritengo che nessuna persona profondamente umana possa credere nella punizione eterna. Da quanto emerge dal Vangelo, è chiaro che Cristo vi credesse, e ci si trova più volte di fronte a una furia vendicativa contro tutti coloro che non davano ascolto ai suoi insegnamenti (atteggiamento peraltro tipico dei predicatori, ma che comunque sminuisce la sua straordinaria superiorità). Per esempio tale atteggiamento non si riscontra in Socrate, che era assai mite e cortese nei confronti delle persone che non gli prestavano ascolto; secondo me, si addice molto di più a un saggio tenere un comportamento simile a quello di Socrate, piuttosto che lasciarsi trasportare dall'ira. Probabilmente tutti ricorderete le parole che Socrate ha detto in punto di morte, e tutto ciò che in genere diceva a coloro che non erano d'accordo con lui.
Nel Vangelo è scritto che Cristo ha detto: «Oh serpenti, progenie di vipere, come potrete sfuggire alla dannazione dell'inferno?». Erano queste le parole rivolte a coloro che non gradivano le sue prediche. A mio parere questo non è certo il più gentile dei toni, e di questi passaggi relativi all'inferno ve ne sono molti altri. Uno di questi è il popolarissimo passo sul peccato contro lo Spirito Santo: «Chiunque abbia parlato contro lo Spirito Santo, non riceverà il perdono né in questo mondo, né in quello a venire». Questo versetto ha causato un'indicibile quantità di sofferenza nel mondo, visto che moltissime persone hanno creduto di aver commesso peccato contro lo Spirito Santo, e che quindi non sarebbero state perdonate né in questo mondo, né in quello a venire. Sono convinto che qualsiasi persona dotata di un minimo di bontà, non provocherebbe tanta inquietudine e terrore nel mondo.
Poi dice: «Il Figlio dell'Uomo invierà i suoi angeli, e radunerà fuori dal suo regno tutte le cose che lo hanno offeso, e coloro che hanno commesso delle ingiustizie, le getterà in una fornace di fuoco, e vi sarà pianto e stridor di denti»; e poi continua con la descrizione del pianto e dello stridor di denti. E la cosa si ripete un verso dopo l'altro, e per il lettore è chiaro che c'è un certo piacere nella contemplazione di tale pianto e stridor di denti, altrimenti non si ripeterebbe così spesso. Poi tutti senz'altro ricordano la parabola delle pecore e delle capre, e di come, al momento della sua seconda venuta, egli dividerà le pecore dalle capre, e dirà alle capre: «Via da me, maledette, via nel fuoco eterno». E continua: «E queste sono destinate al fuoco eterno». Poi dice ancora: «Se la tua mano ti fa peccare, tagliala; è meglio per te entrare mutilato nel regno dei cieli, che avere entrambe le mani e finire all'inferno, nel fuoco eterno, dove i vili non muoiono e il fuoco giammai si placa». E anche questo lo ripete più e più volte. Devo dire che questa dottrina dell'inferno e della punizione eterna mi sembra piuttosto una dottrina di crudeltà, una dottrina che ha introdotto la crudeltà nel mondo, e ha dato al mondo generazioni e generazioni di crudeli torture; e il Cristo del Vangelo, se credete a ciò che di lui raccontano gli apostoli, deve essere in parte responsabile di tutto ciò.
Vi sono anche altri elementi di minore importanza. Per esempio c'è l'episodio dei maiali di Gadara, quando non fu certamente gentile nei confronti dei maiali, trasferendo i demoni nei loro corpi per poi farli precipitare in mare. Non dovete dimenticare che Cristo era onnipotente, e che avrebbe potuto semplicemente scacciare i demoni; ma invece scelse di trasferirli nel corpo dei maiali. Poi c'è il curioso episodio dell'albero di fichi, che mi lascia sempre alquanto perplesso. Ricorderete cosa accadde all'albero di fichi. «Era affamato, e più avanti vide un albero di fichi che aveva le foglie; ma quando vi fu vicino, non trovò altro che foglie, poiché non era ancora stagione per i fichi, così Gesù rivolgendosi all'albero disse: "Nessuno raccoglierà mai più frutti da te" ... e Pietro... gli disse: "Maestro, sappi che l'albero che tu hai maledetto si è seccato".» Questo è un episodio molto curioso, perché, non essendo la stagione dei fichi, non si sarebbe davvero dovuto dare la colpa all'albero. Non riesco davvero a convincermi che, in quanto a virtù e saggezza, Gesù raggiunga le vette toccate da altri personaggi della storia. Penso che, sotto questo aspetto, Socrate e Buddha siano superiori a lui.
IL FATTORE EMOTIVO
Come ho detto prima, non credo che le vere ragioni per cui gli uomini accettano la religione abbiano nulla a che fare con le argomentazioni. Gli uomini credono sulla base di fattori emotivi. Spesso si dice che attaccare la religione è una cosa molto negativa, perché la religione rende gli uomini virtuosi. Cosi mi dicono, ma io non me ne sono accorto. Conoscete senz'altro la parodia che Samuel Butler ha fatto di questa tesi nel suo libro Erewhon revisited. Come tutti sanno in Erewhon c'è un certo Higgs che giunge in una terra lontana, e, dopo avervi trascorso un po' di tempo, fugge via su di un pallone aerostatico. Vent'anni dopo ritorna in quel paese e trova una nuova religione, nella quale egli stesso viene adorato sotto il nome di «Figlio del Sole», e si racconta che sia asceso in paradiso. Viene poi a sapere che sta per essere celebrata la Festa dell'Ascensione; e sente i professori Hanky e Panky che, parlando fra loro, dicono di non aver mai visto Higgs di persona, e che sperano di non vederlo mai. Higgs, molto indignato, si avvicina loro dicendo: «Svelerò questo imbroglio, e dirò alla gente di Erewhon che ciò che adorano sono io, Higgs, nient'altro che un uomo che se n'è andato su un pallone aerostatico». Ed essi gli dicono: «Non devi farlo, perché tutti i valori morali di questo paese si fondano sul mito di Higgs, e se si sapesse che non sei salito al cielo, la gente diverrebbe cattiva»; e così Higgs, persuasosi, se ne va senza dire nulla.
L'idea è proprio questa: se non ci attenessimo alla religione cristiana, diverremmo tutti malvagi. Invece a me sembra che la maggior parte di coloro che vi si sono attenuti sia stata estremamente malvagia. Ci si rende conto di un fatto curioso: tanto più intensi e profondi sono stati la religione e il dogma, quanto più grande è stata la crudeltà e quanto peggiore lo stato delle cose.
Nella cosiddetta «età della fede», quando gli uomini credevano profondamente nella religione e tutto ciò che essa comportava, c'era l'Inquisizione con le sue torture; c'erano migliaia di donne sfortunate condannate al rogo come streghe; e si praticava ogni sorta di crudeltà su ogni sorta di persone nel nome della religione.
Se vi guardate attorno, vi renderete conto che ogni più piccolo progresso nei sentimenti umani, ogni miglioramento nelle leggi contro i crimini, o verso la diminuzione delle guerre, ogni passo avanti per migliorare il trattamento riservato alle razze diverse da quella bianca, ogni attenuazione della schiavitù, qualsiasi progresso morale che ci sia stato nel mondo, insomma, è stato perennemente ostacolato dalle Chiese organizzate del mondo. Io dichiaro fermissimamente che la religione cristiana, cosi com'è organizzata con le sue Chiese, è stata ed è uno dei principali nemici del progresso nel mondo.
COME LE CHIESE HANNO RITARDATO IL PROGRESSO
Quando affermo che ancora adesso è così, potreste pensare che io esageri. Io credo di no. Prendete, ad esempio, un fatto sul quale sarete d'accordo con me. Non è affatto piacevole parlarne, ma purtroppo la Chiesa ci costringe a parlare di cose spiacevoli. Supponete che al mondo d'oggi una ragazza senza esperienza sposi un uomo affetto da sifilide, in questo caso la Chiesa cattolica direbbe: «Questo è un sacramento indissolubile. Dovete restare uniti per tutta la vita», e non si dovrebbe prendere alcuna precauzione per far sì che la donna non dia alla luce bambini sifilitici. Ecco cosa dice la Chiesa cattolica. Io asserisco che questa è un'atroce crudeltà, e nessuno, neanche coloro il cui naturale senso di compassione sia stato distorto dal dogma, o la cui natura rimanga del tutto impassibile di fronte alle sofferenze altrui, nessuno potrebbe sostenere che sia legittimo e giusto che questo stato di cose continui.
Questo non è che un esempio. Ci sono un'infinità di modi in cui a tutt'oggi la Chiesa infligge a ogni sorta di persone inutili e immeritate sofferenze, in nome di ciò che ha deciso di chiamare morale. E come sappiamo tutti molto bene, nella maggior parte dei casi la Chiesa oppone una tenace resistenza verso ogni tipo di progresso capace di alleviare le sofferenze umane, perché ha deciso di etichettare come morali delle regole di condotta che non hanno nulla a che fare con la felicità umana; e anzi, quando si afferma che si dovrebbe fare questa o quella cosa, perché contribuirebbe alla felicità umana, la Chiesa sostiene il contrario. «Cos'ha a che fare la morale con la felicità umana? Il fine della morale non è quello di rendere felice la gente, ma di renderla adatta al paradiso.» Certamente non li rende adatti a questo mondo.
LA PAURA COME FONDAMENTO DELLA RELIGIONE
Credo che la religione si fondi soprattutto sulla paura. In parte è il terrore dell'ignoto, e in parte, come ho già detto, è il desiderio di sentirsi protetti da una specie di fratello maggiore che rimane a fianco di ognuno in qualunque dubbio o problema. La paura è alla base di tutto - paura del mistero, della sconfitta, della morte. La paura genera la crudeltà, e quindi non bisogna stupirsi del fatto che la crudeltà e la religione abbiano camminato mano nella mano. Ciò è accaduto perché la paura è alla base di entrambe le cose. In questo mondo possiamo adesso cominciare a capire alcune cose, cose su cui riusciamo ad avere un minimo di potere mediante l'aiuto della scienza, la quale passo dopo passo è riuscita a farsi strada lottando contro la religione cristiana, le Chiese, e contro l'opposizione di vecchi pregiudizi. La scienza può aiutarci a superare il vile timore in cui l'umanità ha vissuto per generazioni e generazioni. La scienza, così come lo può il nostro cuore, può insegnarci a smettere di cercare un sostegno ideale, a non inventarsi più alleati celesti, ma piuttosto a far sì che i nostri sforzi qui, su questa terra, siano tali da farne un luogo ove sia possibile vivere, invece del luogo che le Chiese hanno voluto che fosse nel corso di tutti questi secoli.
COSA DOBBIAMO FARE
Vogliamo reggerci in piedi da soli, e guardare il mondo in lungo e in largo, vederne le cose positive e quelle negative, le bellezze e le brutture; accettarlo cosi com'è, senza averne timore. Conquistare il mondo mediante la ragione, non mediante la servile soggezione alla paura che la realtà può far nascere in noi. Il concetto che abbiamo di Dio deriva dal vecchio concetto orientale di dispotismo, ed è un concetto del tutto indegno di uomini liberi. Quando in chiesa si assiste all'autodenigrazione di persone che affermano di essere miseri peccatori e tutto il resto, si assiste a uno spettacolo umiliante e indegno di esseri umani che si rispettino. Dovremmo avere il coraggio di alzarci in piedi e di guardare francamente in faccia la realtà. Dovremmo fare del mondo il migliore dei mondi possibili, e se anche non arrivasse a essere così bello come avremmo desiderato che fosse, sarebbe comunque migliore di quello che hanno modellato gli altri in tutti questi secoli.
Un buon mondo ha bisogno di conoscenza, gentilezza e coraggio; non ha bisogno di un attaccamento al passato pieno di rimpianto, o di incatenare il libero pensiero con delle parole pronunciate molto tempo fa da uomini privi di cultura. Ha bisogno di un'intrepida prospettiva e di libero pensiero. Ha bisogno di speranza per il futuro, e non di voltarsi continuamente indietro verso un passato che è morto, che siamo sicuri che verrà di gran lunga superato dal futuro che la nostra intelligenza saprà creare.”